In un futuro distopico l’America affronta una nuova guerra civile e raccontarla metterà alla prova il gruppo di giornalisti guidati da Kirsten Dunst.
Immagini, fotografie e sequenze che provano a raccontare l’orrore, la violenza e la cattiveria di cui gli uomini sono capaci in un contesto di guerra e non solo. Ma Civil War, in uscita domani 18 aprile al cinema, non è un videogioco e la pretesa non è, solo, quella di intrattenere. Il futuro distopico appare oggi come una profezia e il reporter è in balia del rischio di sostituire la cronaca con la propaganda. Nei videogame, la guerra è uno scenario e poco di più, il focus è sulla missione, sulle abilità e il contesto è creato ad hoc perché quelle abilità siano essenziali e abbiano la possibilità di esprimersi e crescere. Ma, esauriti i livelli, portata a termine la missione, la console si spegne e si torna alla realtà. In Civil War, la guerra non è uno scenario ma un’attitudine, una conseguenza della volontà degli uomini, un'alleata nella lotta al potere. Non si può spegnere, non si può mettere in pausa. L’orrore è sempre in scena.
Tutte le guerre in una, è questa la vera trama di Civil War, o meglio l'ambientazione principale che cambia e riscrive le personalità di chi sceglie di raccontarla. La storia diventa narrazione all’interno del film, attraverso gli occhi e le parole di Lee Smith, celebre e stimata fotoreporter a cui Kirsten Dunst presta il volto, che rischierà tutto per documentare l’orrore che la guerra porta con sé. Ma qual è l’origine della guerra civile e perché è una sintesi e al contempo una profezia di tutte le guerre? Secondo quanto dichiarato dallo stesso regista e riportato da GQ, Alex Garland è seriamente preoccupato che una guerra possa coinvolgere gli stati Uniti.
"Se c'è qualcosa, una qualsiasi, che mi interessa o, peggio, mi preoccupa, la rielaboro attraverso la scrittura. Sento la necessità di rifletterci su, di argomentare, ma anche di dare vita a un dialogo".
La ragione di tale preoccupazione? La polarizzazione. Ci avviciniamo sempre più all’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti e gli schieramenti si fanno sempre più estremi. È così nella realtà ed è così che appare il Presidente ritratto in Civil War. Non è un una frecciatina a Donald Trump anche se Offerman è un capo di Stato dispotico, quasi un tiranno e, al suo terzo mandato - Trump ne sarebbe entusiasta - ha ormai i giorni contati. Gli americani si ribellano e scelgono l’arma più estrema: la guerra.
La vera anima del film che, già dall’anteprima, continua ad accumulare recensioni entusiastiche, è Kirsten Dunst, per la performance che ci ha regalato e, soprattutto, per il valore culturale e politico del suo personaggio. C’è molto della realtà di un contesto di guerra che anche chi lo vive o subisce, difficilmente riesce a percepire. Ecco così che risulta fondamentale una mediazione, un interlocutore- spettatore che faccia da medium nelle vicende che accadono e che, in qualche modo, ci aiuti a superarle. Questa è la missione di Lee Smith, missione messa alla prova dalla rabbia, dalla difficoltà di guardare in faccia il male ma che la giornalista decide di portare a termine.
Vedremo Lee e il suo team attraversare gli scenari più rischiosi, assistere a scene di vendetta e violenza estrema e a dover decidere se oltrepassare o meno il confine tra la cronista e la guida politica. La stampa mondiale è in crisi, i giornali non vendono o vendono poco, l'importanza del medium viene sempre più svalutata. E il mondo del gaming che sempre più spesso accoglie sfide culturali tra i propri pixel, aveva dato vita a Warco, un videogame per gli appassionati di giornalismo e che, era questa la promessa, poteva aiutare a diventare fotoreporter.
Eppure il progetto è stato cancellato e un altro tassello di supporto al racconto del reale, è venuto a mancare. Il videogame era nato da un’idea di un giornalista australiano che vedendo i propri figli giocare ad uno sparatutto ambientato proprio nel corso di una guerra civile, si è posto una domanda: e se invece di imbracciare un fucile avesse una telecamera? Idea affascinante e siamo certi che il videogame sarebbe stato interessante, purtroppo non si è andati oltre le fasi iniziali di progettazione.
Prima The Last of Us, poi Halo e Fallout, I videogames hanno conquistato un notevole piedistallo nel panorama delle trasposizioni cinematografiche e oggi, potremmo spiegarci questo fenomeno con l’audacia che spesso è mancata in film e serie tv, nel raccontare scenari cupi e di distruzione. Civil War riprende tutto il coraggio dei videogame e ne fa un drama horror iper realistico. Tutti siamo chiamati ad immedesimarsi e a lasciarci terrorizzare dalle immagini ma, non è un gioco, e se stessimo davvero rischiando una guerra?
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