Nuovo appuntamento della rubrica Academic Arena. Affrontiamo questa volta le tematiche degli spazi, dei luoghi e dei corpi negli esports
Carissimi lettori,
nel contributo odierno giungiamo alla conclusione della nostra esplorazione dedicata alla dimensione "materiale" degli Esports, un tema che abbiamo sviscerato attraverso discussioni su spazi, luoghi e corpi, ponendo particolare attenzione alle implicazioni legate all'inclusione e alle pratiche di personalizzazione degli atleti professionisti. Oggi, ci proponiamo di sintetizzare le nostre riflessioni, estendendo l'analisi alle influenze reciproche tra le componenti materiali e immateriali, come la cultura degli Esports stessi.
Negli anni recenti, gli Esports hanno catalizzato l'attenzione non solo come fenomeno di intrattenimento ma anche come soggetto di studio socio-culturale. Ai margini di questo interesse c'è una ancora poco esplorata comprensione delle dinamiche che caratterizzano il rapporto tra spazi/luoghi e le pratiche organizzative all'interno di questo ecosistema in continua evoluzione. Un dettaglio non di poco conto, che lega in maniera ancora più marcata i corpi degli atleti alle tecnologie che adoperano, in una prospettiva socio-tecnica che vi ho proposto più volte nel corso di questa rubrica. Oggi attingendo da mie recenti ricerche, ci immergeremo nelle complesse relazioni che legano gli spazi degli Esports, muovendoci oltre la mera dimensione ludica per indagare le loro profonde implicazioni culturali.
Dai cafè di quartiere alle arene più imponenti al mondo, gli spazi fisici dedicati al gaming si caricano di un'energia unica, diventando palcoscenici dove si celebrano competenze, strategie e, soprattutto, identità al limite tra virtuale e reale. Parallelamente, quelli virtuali si arricchiscono continuamente di nuove dimensioni, dove la competizione e la collaborazione scrivono le regole di una cultura del gioco digitale competitivo.
Il concetto di trasformazione dello spazio neutri in luoghi ricchi di significato, come evidenziato da Tuan (1977) e Cresswell (2014), offre una prospettiva cruciale anche nel contesto degli Esports. Qui, lo spazio fisico non è semplicemente un contenitore passivo, ma piuttosto una dimensione dinamica in cui si svolgono pratiche culturali e sociali significative ed in costante negoziazione tra generazioni e attori differenti. Gli spazi fisici degli Esports, che vanno dal comfort della propria casa agli imponenti stadi, fungono da contenitori in cui si manifestano tensioni culturali e conflitti.
Inoltre, sebbene questi spazi fisici siano fondamentali per gli Esports, non bisogna dimenticare il muto dialogo con le possibilità offerte dagli spazi digitali che offrono un terreno ancora più vasto per l'espressione culturale e sociale. In questo regno ibrido, le barriere spaziali tradizionali si dissolvono, consentendo la formazione di comunità globali e la costruzione di identità che mi piace definire border-online. L'opera di Harvey (1969) sottolinea l'importanza della costruzione sociale di questi spazi digitali, mettendo in evidenza la loro rilevanza all'interno della geografia sociale del gioco e del loro legame con gli spazi fisici da cui si originano.
Uno degli elementi più intriganti degli Esports è la coesistenza di culture diverse all'interno degli stessi spazi condivisi. Come nel caso del lavoro da remoto, l'occupazione degli spazi domestici per gli Esports spesso comporta conflitti generazionali e culturali. Un esempio è la condizione di molti giovani appassionati che si scontrano con l'incomprensione e lo scetticismo delle proprie famiglie, che spesso considerano il gioco come una semplice perdita di tempo anziché un'opportunità di carriera valida. Una questione molto simile appunto a quella che si manifesta in altri contesti dove le pratiche non coincidono con gli immaginari culturali propri di quei luoghi. La casa, i bar o le stesse arene sono tutti luoghi storicamente ideati ed abitati prima dell’arrivo degli Esports e quindi già intrisi di aspettative riguardanti il loro utilizzo.
Le pratiche Esportive, dunque, sembrerebbero offrire un interessante caso studio su come si mettono in campo negoziazioni di significato rispetto agli spazi fisici e di come questi spazi non siano neutri e soprattutto ininfluenti rispetto a ciò che avviene al loro interno. O ancora, osservando il fenomeno in maniera inversa, l’assenza di spazi fisici pubblici come gli internet caffè che hanno segnato in altri paesi, come la Turchia, la nascita delle primissime forme culturali di Esports, ha avuto un ruolo cruciale nel definire e scandire la cultura del gioco digitale nel nostro paese spiegando in parte l’ancora attuale difficoltà nel legittimare il fenomeno.
Oltre alle sfide culturali, gli Esports devono affrontare anche questioni economiche e organizzative. La creazione di spazi dedicati e sostenibili rappresenta una sfida significativa per il settore. Dai alcuni miei recenti studi (non ancora pubblicati per cui non verranno citati) emerge un sottile appiglio, meritevole a mio avviso di attenzione, da cui partire per adoperare la prospettiva spaziale al fine di spiegare e ricostruire delle disparità di potere tra gli attori del settore. Infatti, dalle numerose interviste con atleti, organizzazioni e organizzatori afferenti il settore Esportivo, emerge come la questione degli spazi diventa un cavallo di Troia per entrare in discorsi più profondi, come le competenze in termini di costruzione e organizzazione degli spazi richieste implicitamente e informalmente agli atleti professionisti o ancora della tutt’oggi mancanza di fonti di remunerazione delle organizzazioni Esportive rispetto agli introiti forniti dagli sponsor.
Molte organizzazioni e atleti devono affrontare costi elevati per l'acquisto di attrezzature e la personalizzazione degli spazi di gioco, scaricando sugli atleti l’onere di inventarsi strategie alternative per competere. Inoltre, la ricerca di modelli di business sostenibili rimane un obiettivo ambizioso, poiché il settore cerca di bilanciare le esigenze economiche con la cultura del gioco, spesso cedendo agli sponsor privilegi maggiori rispetto alle esigenze degli atleti. Questo è proprio il caso degli eventi LAN la cui costruzione degli spazi, della scelta delle strumentazioni e della regia dell’evento deve tenere conto delle esigenze degli sponsor e solo in un secondo momento, in via residuale quelle degli atleti. In tutto questo discorso restano fuori gli spettatori, che per complessità dell’argomento tratteremo nelle prossime uscite.
In conclusione, gli Esports rappresentano molto più di un semplice passatempo digitale; sono un fenomeno culturale che riflette e influisce sulle dinamiche sociali e spaziali della nostra società contemporanea. L'analisi delle interazioni tra spazi, luoghi e corpi all'interno degli Esports ci offre un'opportunità unica per comprendere le complesse relazioni che definiscono il nostro mondo digitale in rapida evoluzione, solo per poi far rientrare dalla finestra la questione puramente materiale. Tuttavia, rimangono molte domande aperte e sfide da affrontare. La ricerca futura dovrebbe approfondire ulteriormente queste tematiche, esplorando le implicazioni culturali, sociali ed economiche degli Esports e contribuendo così a una comprensione più approfondita di questo fenomeno in continua crescita. Inoltre, rimango della mia idea che il processo debba anche essere invertito, sovvertito, stravolto con investimenti pubblici e privati nella costruzione di spazi nuovi, creativi, non ereditati dal passato, nei quali gli Esports possano proliferare senza sentirsi debitori.
Cresswell, T. (2014). Place: an introduction. John Wiley & Sons.
Harvey, D. (1969). Explanation in Geography. London: Edward Arnold.
Tuan, Y.-F. (1977). Space and Place: The Perspective of Experience. Minneapolis, University of Minnesota Press.
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