Polemiche già prima dell’inizio del contest per il testo della canzone presentato da Israele
October rain, è questo il titolo della canzone presentato da Israele in occasione dell’Eurovision Song contest 2024 e subito è scattata la polemica. Ottobre è un mese evidentemente simbolico della guerra, ora in corso e iniziata proprio il 7 ottobre scorso, tra Israele e Palestina. Per fortuna è stata accettata la richiesta di modifiche del testo e Israele è ufficialmente concorrente della manifestazione che si terrà martedì 7 maggio e sabato 11 maggio.
La guerra pesa anche sull’Eurovision Song Contest 2024 e si fa sentire quando Eden Golan, cantante russo israeliana - giusto per aumentare le polemiche - propone due canzoni dal forte contenuto politico. L’UER, ente di Radiodiffusione Europea che organizza la manifestazione, aveva rifiutato le due canzoni e Israele aveva minacciato di non partecipare al contest in caso di censura. E invece a quanto pare, il compromesso è arrivato infine e la Golan parteciperà con la canzone October rain. Il testo aveva chiari riferimenti all’attacco del 7 ottobre rivolto contro Israele da Hamas e includeva termini e frasi come "Non c'è più aria da respirare / Non c'è posto per me", "Erano tutti bravi bambini, ognuno di loro". Oltre a fare spesso riferimento ai fiori, termine usato per parlare dei bambini morti durante la guerra.
“Il presidente ha sottolineato che in questo momento in cui coloro che ci odiano cercano di arginare e boicottare lo Stato di Israele, dobbiamo far sentire la nostra voce con orgoglio e a testa alta”
Oltre mille tra artisti svedesi, norvegesi e finlandesi hanno protestato e chiesto l’esclusione di Israele dall’Eurovision ma a nulla sono valse le proteste. Da Hollywood attori del calibro di Helen Mirren e artisti come Boy George hanno inviato una lettera per supportare Israele alla manifestazione. L’Uer ha dovuto quindi chiarire la propria posizione e la natura della manifestazione che è apolitica e che nasce con lo scopo di promuovere la cultura e la collaborazione musicale tra artisti. Ricordiamo che Israele partecipa all'Eurovision già dal 1973 con un totale di 45 presenze e di edizioni ne ha vinte ben 4. L’Eurovision non è certo nuovo alle polemiche politiche, ricordiamo tutti quella che ha coinvolto l’Ucraina e ancor di più la Georgia che, nel 2009, aveva provato a partecipare con una canzone dal titolo We Don't Wanna Put In.
Israele sì, con un compromesso, certo ma guai a parlare di Palestina. O a mostrare qualcosa che in qualche modo faccia riferimento alla Palestina. L’Uer ha dichiarato che sarà proibito mostrare oggetti che in qualunque modo possano “disturbare il successo dell'evento”. Le uniche bandiere ammesse saranno quelle degli stati in gara e la Palestina non è di certo fra quelli. Ecco perché gli organizzatori e i commentatori prevedono già numerose proteste e manifestazioni contro la guerra durante le due serate dell’Eurovision.
La guerra isreaelo-palestinese non è iniziata certo il 7 ottobre. L'escalation avviata da Hamas è solo la più recente delle fasi che hanno visto i due stati - l’unico stato riconosciuto ufficialmente è quello di Israele - in guerra da oltre 70 anni. Anni un cui le ragioni, le caratteristiche peculiari e la storia di questo conflitto sono state più che approfondite da storici e divulgatori. E anche nel mondo del gaming che, non disdegna cimentarsi in ricostruzioni storiche, sono stati fatti tentativi di narrazione di una guerra difficile da raccontare. Nel 2014 esce Bomb Gaza e subito viene rimosso dallo store i Google Play. Il gioco aveva come obiettivo bombardare la striscia di Gaza evitando di colpire i civili. Poi è il turno di Rocket Pride, realizzato da Best Arabic Games che, al contrario, aveva come scopo quello di colpire obiettivi israeliani sensibili. Inutile dire che anche questo titolo è stato subito rimosso da Google Play. Esiste un unico gioco dal forte contenuto politico che non ha subito censura e si tratta di Lyla & The Shadows of War che racconta le vicende di una famiglia palestinese intenta a sopravvivere nelle zone di guerra. Solo Apple ha avuto qualche remora nel pubblicare il videogame ma, grazie ad un forte dibattito e attenzione mediatica, il gioco è stato rilasciato anche su piattaforme Apple ed è diventato simbolo di raccolte fondi a favore dei civili palestinesi.
Insomma, raccontare o anche solo sfiorare la guerra in contesti chiave della cultura pop non è certo un’impresa semplice. La realtà c’è, esiste e accade nonostante i nostri tentativi di distrazione. Non varrebbe la pena prenderla sul serio una volta tanto? Dal canto nostro ci auguriamo che l’Eurovision sia un’occasione di dialogo, collaborazione e dibattito serio, senza censure.
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