Lo storico, ospite a Di Martedì, commenta le risposte dei politici che fanno fatica a dirsi antifascisti
Il 25 aprile è una giornata storica, non della memoria e il suo significato è chiaro e cristallino. In questa data si celebra la liberazione dal nazifascismo e, da allora, l’Italia è antifascista. Non in senso lato, non è un’opinione, non è un trend: è la nostra costituzione a dirlo. Ma a quanto pare qualcuno al governo fa fatica a ricordarlo, per fortuna a mettere i puntini sulle i, ci pensa Alessandro Barbero.
Quando c’è lui, Barbero, della storia non ci si può far beffa, preciso e puntuale come un treno al capolinea, lo storico piemontese riesce a dire quello che, ahinoi, alcuni politici sembrano proprio non riuscire a digerire. Ospite a Di Martedì, il programma condotto da Giovanni Floris, Barbero deve rispondere alla domanda fatidica: perché per alcuni politici è così difficile dire di essere antifascisti?
“Il fatto che chi sta al governo, che dovrebbe aver giurato sulla Costituzione antifascista, faccia così fatica a dirsi antifascista significa che è fascista fondamentalmente, perché sei o l’uno o l’altro. E questa cosa a me sembra inquietante”
Il riferimento è ad alcuni esponenti del partito guidato dalla premier Giorgia Meloni, primo fra tutti Ignazio La Russa che nel 2019 disse di non essere antifascista, o meglio, di non poter dire di essere antifascista perché il termine, coniato ufficialmente all’indomani del 25 aprile dai liberatori, avrebbe semplicemente avuto lo scopo di sostituire la dittatura fascista con quella stalinista e a Ignazio questa cosa proprio non andrebbe giù. Forse, al nostro La Russa, o a chi per lui, sfugge un dettaglio lampante per molti, di sicuro per Barbero. L’Italia, quella in cui vive e opera questo governo e qualunque altro lo abbia preceduto, proprio a partire da quel 25 aprile è nata antifascista, è nata dalla distruzione che il fascismo ha creato e portato nel nostro Paese. Ce ne siamo liberati perché solo liberandoci dal fascismo abbiamo potuto liberarci dall’orrore e dalla morte che quella dittatura ha significato in Italia e nel mondo.
La democrazia che consente a Ignazio La Russa di essere al governo e di parlare liberamente è figlia del 25 aprile. E non solo, è figlia di quei partigiani che hanno dato la vita perché qualcuno, oggi, potesse permettersi di mettere in dubbio la storia stessa. Ma la domanda è, stiamo parlando solo di un Ignazio La Russa o sono di più quelli che, tutto sommato, quando c’era lui, i treni.. e così via?
“Per molti è difficile dirsi antifascisti, il che dipende da dove si è cresciuti, da quale famiglia, da quale pezzo d’Italia. C’è infatti un pezzo d’Italia dove da 3 generazioni ai bambini si insegna che il regime fascista ha fatto anche cose buone, che i partigiani erano degli scavezzacollo, dei ladri di galline o dei criminali e che quindi non c’è alcun motivo di festeggiare il 25 aprile. Una parte d’Italia è rimasta così. Almeno io me lo spiego solo in questo modo il fatto che oggi, quasi un secolo dopo, sia così difficile dire: ‘Vabbè, ragazzi, ammettiamolo, c’era una parte giusta e una parte sbagliata, non c’è mai stata una guerra dove questo fosse così evidente”
Floris incalza e domanda quali siano le conseguenze per chi, cresciuto con tali valori, si ritrovi ad avere tra le mani il potere politico. Barbero è lapidario nella risposta, le conseguenze ci sono ma non quelle che i più sospettano.
“Sì, ha delle conseguenze negative e pericolose, non tanto perché rischiamo di essere messi tutti in camicia nera a marciare, né credo che rischiamo di avere un governo che invada l’Etiopia o che dichiara la guerra agli Usa, come fece Mussolini. Anzi la guerra agli Usa mi sento proprio di escluderla effettivamente. Però le cose simboliche sono importanti. Se oggi siamo ancora qui in un paese che continua a spaccarsi tra chi sta coi partigiani e chi sta coi fascisti, allora vuol dire che queste non sono cose superficiali, ma profondamente radicate nell’identità italiana”
Per i fan di Corrado Guzzanti, il titolo di questo videogame dovrebbe far accendere una lampadina e sì, sarebbe corretto. Mars or Die è ispirato proprio alla parodia del fascismo che Corrado Guzzanti ha realizzato con il suo Fascisti su Marte. E quando anche a chi giura sulla Costituzione sfugge che sì, l’Italia è antifascista, anche un videogame che ci aiuta a ricordarlo è fondamentale. Il gioco prevede una campagna da 9 missioni al termine della quale si sblocca la campagna infinita. Nei panni di due “eroi” colonizzatori, il vostro obiettivo sarà niente meno che conquistare Marte sterminandone la popolazione locale. Il gioco è semplice, altamente ironico e coinvolgente ma, vi avvisiamo, a guidarvi verso l’obiettivo finale e a portarvi su Marte, sarà un agguerritissimo duce e toccherà a voi difenderne l’onore da ondate di alieni pronti a combattere. Insomma, un gioco in cui è divertente anche perdere ogni tanto.
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